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giovedì 23 agosto 2018

COMUNISTI


I marxisti rivoluzionari hanno sempre contrastato le politiche di collaborazione con le classi dominanti collocandosi all'opposizione dei loro governi.
Questo principio di indipendenza della classe lavoratrice dalla borghesia è ancor più attuale nell’odierna situazione storica.
Compito dei Comunisti è organizzare un’opposizione e una tutela alle fasce deboli della popolazione contro un potere costituito sempre più forte completamente soggiogato dal potere economico privato.
Tutto è stato svenduto, dall’acqua, all’energia, al patrimonio immobiliare. Le banche e le multinazionali sono i veri governi che decidono le nostre sorti, chi va al potere deve solo intraprendere percorsi già segnati e far rispettare regole già prestabilite dai cosiddetti poteri del capitale (economici, finanziari e religiosi).
Anche i governi di centrosinistra hanno tutti amministrato e amministrano , in forme diverse, gli interessi della borghesia contro gli interessi dei lavoratori e delle grandi masse ed anzi riflettono una diretta investitura nel centrosinistra dei settori più significativi del grande padronato. 
Gruppi di dirigenti (finti comunisti) sono stati coinvolti in cinque anni di governo (nel primo governo Prodi tra il 1996 e il 1998, e nel secondo governo Prodi tra il 2006 e il 2008) votando Pacchetto Treu, privatizzazioni, il taglio verticale delle tasse sui profitti, l'aumento delle spese militari, le missioni di guerra, i campi di detenzione contro i migranti.
Non è un caso se da molti anni Rifondazione Comunista non si presenta più con la propria faccia alle elezioni. Hanno avuto (e hanno) bisogno di nascondere i disastri compiuti, e le relative responsabilità, sotto diverse sembianze e colori: una volta l'Arcobaleno, poi la Rivoluzione Civile di Ingroia e Di Pietro, poi l'Altra Europa.
C'è un solo elemento costante: la rinuncia a presentarsi col proprio simbolo e la propria riconoscibilità, preferendo imboscarsi sotto mentite spoglie. 
Possono presentarsi nel nome del “nuovo” partiti compromessi nelle vecchie politiche antipopolari?
Possono farlo gruppi dirigenti che hanno varato, votato, difeso attivamente quelle politiche contro l'opposizione interna ai loro stessi partiti per rassicurare i poteri forti e garantire proteste pacifiche, colorate ma inefficaci e legalitarie?
Essere comunisti oggi è mantenere intatti una serie di riferimenti culturali e di prassi consolidate e vincenti.
Sappiamo che le società cambiano travolte da nuovi processi produttivi, plasmate da nuove tecnologie, condizionate dal mondo delle telecomunicazioni.
Essere comunisti oggi significa intraprendere la strada dell’organizzazione del Partito Comunista  e della conflittualità sociale per riappropriarsi di quei diritti erosi negli anni.
Essere comunisti oggi significa organizzare le lotte contro la precarietà sul lavoro legandole ai meccanismi che rendono precaria la vita (costo della casa, intermittenza del reddito, durata del permesso di soggiorno, carovita); creare reti di solidarietà politica e sociale verso tutti quei soggetti che il sistema liberista tende ad escludere (nuovi poveri, giovani precari, migranti); difendere le conquiste del movimento operaio (statuto dei lavoratori, potere d’acquisto, pensioni, scala mobile) e dei movimenti degli anni ’60 e ’70 (legge sull’aborto e sul divorzio, equo canone).
Essere comunisti oggi significa credere che libertà significhi prima di tutto libertà dal bisogno e che democrazia significhi distribuzione delle risorse e dei saperi al contrario di tutti quei pensieri che considerano libertà la facoltà di comprare, licenziare, inquinare, e democrazia l’esercizio del voto e della delega una volta ogni tanto.
Senza la ricostruzione della forza di classe ogni rivendicazione progressiva è destinata a restare una parola vuota.
Solo l’opposizione ai governi della borghesia può preparare le condizioni di una alternativa anticapitalistica. Solo l’opposizione radicale ai governi della borghesia può strappare risultati concreti.

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