POST IN EVIDENZA

domenica 2 luglio 2017

100 ANNI DALLA RIVOLUZIONE RUSSA, STORIA, ATTUALITÀ E ALTERNATIVE

Intervista a Marco Ferrando pubblicata sul blog del Corriere della Sera "Poche Storie" di Silvia Morosi e Paolo Rastelli



Corriere:
Nel 2017 l’orologio della Storia segna un passaggio epocale. Nel mese di ottobre, infatti, sarà passato un secolo da quando, nell’ex impero zarista, un’incredibile forza popolare riuscì a trasformare in realtà quella che sembrava un’impresa impossibile: prendere il Palazzo d’Inverno e portare a compimento il sogno di una rivoluzione comunista. Nel secolo trascorso da quel momento, tutto sembra cambiato, fuorché la necessità delle masse di tornare a recitare un ruolo di primo piano sul palcoscenico degli eventi mondiali, rovesciando il capitalismo. Noi di Poche Storie abbiamo provato a interrogare, con l’aiuto di Marco Ferrando, autore de “Cento anni. Storia e attualità della rivoluzione comunista”, i cento anni che separano l’oggi dai fatti del 1917. Per capire cosa di quel passato che sembra lontano, appartenendo a un altro secolo, in realtà resti vivo nel presente. Raccontando quindi una storia a ritroso. La rivoluzione d’Ottobre ha segnato l’intero corso del Novecento ben al di là della vicenda russa. Cento anni dopo si ripropongono intatte tutte le ragioni storiche di quell’evento.
Ferrando:
Oggi la categoria della rivoluzione appare certo desueta. L’ideologia dominante l’ha rimossa nel nome del “superamento delle ideologie”. La stessa sinistra internazionale, nelle sue correnti maggioritarie, l’ha esplicitamente rinnegata o la considera materia d’archivio, magari utile per qualche ricorrenza, ma estranea ad ogni prospettiva reale. Eppure è forse utile ricordare che anche cento anni fa la rivoluzione era considerata “impossibile”, visto che dal 1848 non si era più affacciata in Europa (con l’unica eccezione del 1905 russo), spiega Ferrando, professore di filosofia impegnato da sempre all’interno del movimento dei lavoratori.
Corriere:
L’attualità delle idee della Rivoluzione e del marxismo è testimoniata dalla crisi del capitalismo mondiale. Il rovesciamento del capitalismo in Russia aprì per la prima volta il varco a imponenti processi di emancipazione. L’intero corso dei movimenti nazionali anticoloniali in Asia (innanzitutto in Cina), in Medio Oriente, in Africa, nella stessa America Latina (Cuba), sarebbero stati impensabili senza la sponda economica, politica, militare dell’Unione Sovietica.
Ferrando:
La stessa avanzata delle conquiste sociali in Occidente (welfare state) fu possibile non solo in ragione dei trenta anni gloriosi del boom capitalistico postbellico (costruito sui 50 milioni di morti della Seconda Guerra), ma anche in presenza di un rapporto di forze su scala mondiale segnato dall’eredità della rivoluzione russa. Non a caso Keynes raccomandava a Roosevelt le riforme sociali in America per scongiurare quello che definiva “il pericolo del bolscevismo”. La stagione delle riforme sociali nell’Europa del secondo dopoguerra – solitamente attribuite alle virtù del capitalismo o della socialdemocrazia – fu in realtà un sottoprodotto della Rivoluzione d’Ottobre.
Corriere:
All’origine della rivoluzione nel 1917 ci fu la pesante crisi bellica e una profonda crisi economica. L’industria russa sostenne molti sforzi negli anni precedenti, ma non fu capace di tenere il passo con le questioni derivanti dalla guerra. La Rivoluzione è stata davvero uno spartiacque nella storia mondiale, sconvolgendo il mondo, per citare John Reed?
Ferrando:
Nel 1989, dopo il crollo del muro di Berlino, l’ideologia dominante presentò il capitalismo come il miglior mondo possibile e “fine della storia”, preannunciando una nuova era di progresso sociale e di pace . Le giovani generazioni - allora si disse - saranno le grandi beneficiarie della nuova epoca. È passato da allora più di un quarto di secolo. Non solo quella grande promessa non si è avverata, ma lo scenario del mondo ha un segno capovolto. Il “migliore dei mondi possibili” è stato colpito dalla più grande crisi degli ultimi 80 anni. Le conquiste sociali strappate da più generazioni vengono smantellate, una dopo l’altra, sotto governi di ogni colore, (entro l’euro e fuori dall’euro), a partire dalla precarizzazione del lavoro. La ripresa del militarismo e delle guerre pervade in forme diverse buona parte del globo. Xenofobia e sciovinismi nazionalisti si riaffacciano in Europa e negli USA con una massa critica sconosciuta nell’intera storia del secondo dopoguerra.
Corriere:
Oggi in Russia valutare il ruolo e il significato della Grande Rivoluzione Socialista varia dal “colpo di Stato” al “più grande evento del ventesimo secolo”.
Ferrando:
Rappresentare la rivoluzione d’Ottobre come “colpo di Stato” significa farne una caricatura. Significa leggere le grandi vicende storiche con la lente deformata dell’ideologia e del complottismo. La rivoluzione d’Ottobre fu in realtà il completamento della rivoluzione russa del febbraio 1917, che aveva rovesciato la monarchia zarista con una immensa (e imprevista) sollevazione di popolo. Da quella sollevazione – sospinta dalla fame, dalla guerra, dall’aspirazione alla terra delle grandi masse contadine – nacquero grandi organizzazioni di massa (soviet) che rapidamente pervasero l’intera Russia, basate sulla partecipazione diretta di milioni di operai e di contadini. Ma la rivoluzione sarebbe stata impossibile senza la forza d’urto della classe operaia – base sociale del bolscevismo – e senza il sostegno di grandi masse contadine. Ciò che peraltro consentì alla rivoluzione di reggere nei terribili anni successivi nonostante l’attacco di 14 eserciti stranieri e i tentativi di controrivoluzione zaristi (Kolcak, Denikin).
Corriere:
Lo stalinismo non fu la continuità del bolscevismo ma la sua tragica negazione e distruzione. La rivoluzione bolscevica si era concepita come inizio della rivoluzione socialista mondiale, innanzitutto in Europa.
Ferrando:
I grandi processi rivoluzionari che si svilupparono in Europa proprio su spinta della rivoluzione russa – la rivoluzione tedesca del 1918/19, il biennio rosso in Italia del 1919/20, la rivoluzione ungherese del 1919 – sembravano incoraggiare questa prospettiva. Ma la mancanza di una direzione politica sperimentata condannò quelle rivoluzioni alla sconfitta. L’isolamento internazionale della rivoluzione russa, per di più in un paese arretrato economicamente e culturalmente, segnato da anni di guerra, di boicottaggio economico internazionale, di guerra civile (1918/21), creò le condizioni storiche della degenerazione burocratica. Lo stalinismo ne fu l’espressione. Preservò i rapporti economici scaturiti dalla rivoluzione (economia pianificata) ma ne distrusse tutte le conquiste politiche: soppresse la democrazia nel partito bolscevico, nei soviet, nei sindacati, concentrò tutto il potere nella frazione dominante, eresse progressivamente attorno ad essa un regime totalitario. Lo sterminio dei bolscevichi, a partire da tutti i dirigenti della Rivoluzione d’Ottobre (coi processi di Mosca dal '36 al '38, e con l’assassinio di Trotsky nel '40) fu il risvolto di questa controrivoluzione politica. Stalin fu indubbiamente il più grande assassino di comunisti del '900: più di un milione di comunisti fu passato per le armi tra il 1927 e il 1937. Per non parlare dei campi di lavoro schiavile, dell’uso pianificato della tortura, della montagna di false “confessioni” estorte nei sottoscala della Ghepeù. Il fatto che in Russia (e in Cina) i burocrati stalinisti di ieri siano spesso diventati i maggiori capitalisti di oggi dà la misura retrospettiva della natura controrivoluzionaria della burocrazia stalinista. Ma come la dittatura napoleonica (seguita dalla restaurazione del 1815), non cancellò il grande valore storico della rivoluzione borghese giacobina, così la dittatura criminale di Stalin (seguita dalla restaurazione capitalista) non può cancellare il valore storico progressivo della rivoluzione d’Ottobre.
Corriere:
Lenin è ancora attuale perché il presente parla di diritti negati e cancellati, perché parla di diseguaglianze sempre più enormi. La Rivoluzione, abbattendo la dittatura degli zar, ha dimostrato nei fatti che una alternativa di sistema politico ed economico è stata possibile. Come spesso accade, però, questo episodio e la figura di Lenin trovano poco spazio sui manuali di storia utilizzati nelle scuole.
Ferrando:
Lenin e la rivoluzione russa sono stati rimossi dalla cultura dominante perché evocano la possibilità di un’altra organizzazione della società umana. Non una società fondata sulla dittatura di una piccola minoranza che concentra nelle proprie mani tutte le leve del potere economico (industria, banche, grande commercio) e che di conseguenza domina un potere politico costruito a propria immagine e somiglianza. Ma una società in cui la maggioranza, a partire dalla classe lavoratrice, possa decidere realmente cosa produrre, come, per chi, in relazione ai bisogni di tutti e non al profitto di pochi. Una economia democraticamente pianificata che possa capovolgere il segno sociale della globalizzazione capitalista mettendo al servizio della società le immense potenzialità della scienza e della tecnica.
Corriere:
Cento anni dopo ricordare la Rivoluzione significa cercare di guardarne a tutto campo le conseguenze, le lezioni da trarne e l’attualità. Oggi si stanno manifestando le medesime esigenze di lotta per la sopravvivenza che possono trasformarsi in emancipazione sociale.
Ferrando:
Anche oggi come un secolo fa l’irrompere di una nuova grande crisi ripropone l’umanità di fronte a un bivio storico: o una prospettiva di rivoluzione o la continuità della regressione storica che sta investendo il mondo. Il libro “Cento anni: storia e attualità della rivoluzione comunista” vuole proporre e argomentare questa lettura. La vuole proporre innanzitutto ai giovani, a partire dai giovani sfruttati nelle fabbriche, negli uffici, nei trasporti, nei supermercati, magari costretti a turni massacranti, senza tutele, precari a vita o licenziabili senza giusta causa. Ma anche ai giovani che studiano e vogliono capire il mondo reale in cui vivono. A quelli che non vogliono rassegnarsi a perdere i diritti conquistati dai loro padri, o che magari vorrebbero lottare per riconquistarli. Ai giovani militanti e attivisti di una sinistra perduta, che magari credevano in Tsipras e poi lo ritrovano al servizio della Troika. La classe dei lavoratori salariati ammonta nel mondo a quasi tre miliardi di esseri umani. La sola Corea del Sud conta oggi più salariati dell’intera Europa dei tempi di Marx. Contro tutti i luoghi comuni, la potenza sociale della classe lavoratrice mondiale non è mai stata tanto grande.
Corriere:
Il fallimento del capitalismo riapre, controcorrente, nuovi varchi.
Ferrando:
Corbyn in GB e Sanders in USA sono campioni di un riformismo illusorio. Ma i milioni di giovani proletari che seguono Corbyn e Sanders cercano l’idea di una alternativa al capitalismo, e dunque a modo loro una idea di rivoluzione. Cercano una sinistra autentica. Cercano in fondo una sinistra anticapitalista e rivoluzionaria, l’unica sinistra capace di futuro in questo nostro tempo. Il libro si rivolge dunque ai ribelli, a quelli che già lo sono e a quelli che possono diventarlo. A loro parla, cento anni dopo, la rivoluzione d’Ottobre.

Partito Comunista dei Lavoratori

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.