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lunedì 13 gennaio 2020

LE FIAMME ASSASSINE DEL CAPITALISMO


Le fiamme altissime e terrificanti che stanno sconvolgendo il territorio australiano in queste settimane sono il simbolo tragico di questa fase storica del pianeta.
Catastrofi di questa grandezza hanno sempre portato enormi cambiamenti. L'orrore porta a sconvolgimenti nel profondo, distruggono tutta la nostra comprensione del mondo: il nostro ruolo, le nostre certezze, la sicurezza; e la coscienza comincia ad urlarci dentro verso una ribellione che diventa indispensabile.
Questi sono i sentimenti provati non solo dalla parte più debole della popolazione australiana, ma anche dalla classe media, in un durissimo risveglio dentro una realtà che fino a ieri aveva garantito il benessere fittizio del sistema capitalistico.

L'Australia, con le sue immense risorse naturali, è sempre stata una fonte di profitto falsamente inesauribile. Ma la tragedia di oggi ha dimostrato che l'unico responsabile è la barbarie del capitalismo, e il suo prezzo è pagato inevitabilmente dagli strati più deboli della popolazione.
Le immagini trasmesse in tutto il pianeta mostrano barriere di fuoco alte oltre 100 metri, "tornado di fuoco" così forti da carbonizzare in pochi secondi i mezzi di soccorso, incendi boschivi che generano tempeste con fulmini che innescano nuovi incendi in altre aree, gigantesche cappe di fumo e cenere che trasformano il giorno in surreali universi di colore arancio, migliaia di persone rifugiate sulle spiagge sotto una pioggia di cenere e braci mentre le case bruciano davanti ai loro occhi, intere città bruciate dalle ceneri di immensi e invincibili incendi, miliardi di animali morti e quattro di ettari di bosco ridotti in cenere nel solo Nuovo Galles del Sud. E l'estate è appena cominciata.

È indubbio che i cambiamenti climatici abbiano sconvolto gli standard di autoregolazione termica del pianeta, e che la causa sia lo sfruttamento selvaggio delle risorse naturali ed energetiche da parte delle potenze capitalistiche perpetrato in decenni di distruzioni sistematiche di interi habitat naturali.
L'Australia è in uno degli ambienti più sensibili e delicati. Da alcuni anni le estati sono sempre più calde e siccitose. L'estate 2019/2020 è la peggiore della sua storia.

Il governo ultrareazionario sovranista di Scott Morrison non solo ha lasciato che i tragici eventi avessero il sopravvento, ma addirittura è arrivato ad accusare i giovani che protestavano contro i cambiamenti climatici e che richiamavano l'attenzione verso la tragedia imminente come "traditori". Il progresso e il futuro della nazione secondo i politici di questo governo reazionario è nelle risorse fossili: carbone, gas di fracking, gas naturale. Le multinazionali minerarie ricevono 29 miliardi di dollari sussidi ogni anno.
Così le “private” immense riserve idriche racchiuse in centinaia di invasi sono rimaste a disposizione delle multinazionali minerarie invece di essere utilizzate per alleviare la siccità e salvare molti terreni aridi destinati all'agricoltura delle comunità rurali.
Il servizio rurale antincendio è totalmente su base volontaria, e riceve un'inezia in fatto di sussidi. I loro mezzi sono scarsi e arretrati. Il governo si rifiuta persino di acquistare e organizzare una forza aerea con velivoli specializzati come i Canadair.
Tra le vittime delle ultime settimane molte sono giovani volontari del servizio rurale antincendio scarsamente pagati e supportati, che si sono distinti in veri atti di eroismo nei salvataggi della popolazione.

Il peso politico delle multinazionali ha cancellato in questi anni anche la minima resistenza dei partiti riformisti, trascinati nel miraggio del profitto “infinito”.
Non solo. Gli stessi sindacati si trovano in uno stato catatonico e nel loro peggiore momento storico. La loro credibilità agli occhi dei lavoratori è pessima. Con una dirigenza sindacale che negli anni ha seguito la strada della collaborazione di classe piuttosto della lotta di classe, più impegnativa ma potenzialmente vincente, il suo percorso verso cocenti sconfitte è stato inevitabile.
Proprio nel settore carbonifero, dove esiste un ancora un tessuto di decine di migliaia di lavoratori combattivi, i loro diritti e il potere d'acquisto dei salari sono stati colpiti massicciamente dai governi populisti che si sono succeduti. Oggi, con il governo Morrison, la loro situazione lavorativa si è ulteriormente aggravata. I sindacati nazionali piuttosto che seguire la logica degli scioperi generali che avevano portato nel dopoguerra alla conquista di maggiori diritti per i lavoratori, si sono sono spesi in sterili lotte settoriali isolate e spesso anche represse. La lotta esemplare ma isolata dei minatori di Oaky North ne è un esempio. Attualmente le miniere carbonifere sono gestite in appalto con una fortissima riduzione media salariale dei lavoratori del settore.

Il governo Morrison ha trovato la vittoria elettorale sulle macerie delle forze riformiste incapaci di dare un progetto di cambiamento. Le promesse alla nazione di una nuova Eldorado basata sullo sfruttamento minerario del carbone e del gas naturale hanno fatto breccia nella classe media ma soprattutto tra la classe lavoratrice in gran parte formatasi dalle generazioni successive alle prime famiglie di immigrati arrivate in Australia dagli anni '50 agli anni '80 da tutte le parti del mondo, in particolare dall'area asiatica. Tutti in Australia oggi si ricordano dell'intervento di un esaltato Scott Morrison mentre esibiva nel 2017 una preziosissima “pepita” di carbone in parlamento, o del suo folle discorso di Capodanno dove pronunciava queste parole: “nonostante la siccità, gli incendi e le inondazioni, l’Australia resta un paese meraviglioso dove far crescere i bambini”. Oppure delle sue vacanze alle Hawaii mentre negava l'emergenza malgrado le decine di vittime.
Più negazionista di Trump dei cambiamenti climatici, supportato dalle major mondiali carbonifere e del gas naturale, e contrario alla sola idea della riduzione delle emissioni dei gas serra, deve però affrontare la rabbia della popolazione che sta crescendo incontrollata.

Nella tragedia cominciano a vedersi delle luci. Il duro risveglio ha portato la rabbia e una presa di coscienza mai vista prima. Si stanno organizzando proteste spontanee in tutti gli Stati. Venerdì 10 gennaio si sono svolte manifestazioni nelle principali città del continente. Decine di migliaia in particolare a Sydney, Melbourne, Canberra, Perth, Brisbane sono scesi in piazza contro il governo e le multinazionali carbonifere. Mobilitazioni organizzate dagli studenti di Uni Student for Climate Justice, ma che hanno aggregato lavoratori, volontari antincendio, cittadini colpiti in prima persona dalla tragedia, studenti universitari e perfino il popolo nativo aborigeno.
Uno slogan era ricorrente: "Deve iniziare da qualche parte. Deve iniziare qualche volta. Quale posto migliore di qui? Quale momento migliore di adesso?”.
Il nostro appoggio ai compagni marxisti rivoluzionari australiani che si stanno battendo in queste durissime giornate con ogni mezzo a loro disposizione per portare una prospettiva di alternativa e di socialismo è incondizionato. Solo un progetto rivoluzionario globale e la lotta di classe possono fermare gli orrori devastanti provocati dal capitalismo.

Ruggero Rognoni

Partito Comunista dei Lavoratori



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