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domenica 24 maggio 2020

MES E RECOVERY FUND

di Marco Ferrando - Unità di Classe n°4 - maggio/giugno 2020





Europeisti e sovranisti alla coda dei poli borghesi

Esplode il dibattito pubblico su chi paga i costi della recessione. La grande borghesia invoca la soluzione degli eurobonds, mentre incassa le risorse del MES. Le opposizioni “sovraniste” denunciano il MES come svendita dell'I­talia alla dittatura di Bruxelles. Ciò che unisce i due schieramenti è che non devono pagare i capitalisti.

L’europeismo liberale di fronte alla nuova crisi

La grancassa degli eurobonds è lo spartito preferito dall'europeismo borghese.
La pressione della più grande crisi capi­talista del dopoguerra ha costretto gli imperialismi europei a concordare scelte straordinarie. La BCE, dopo le prime incertezze, ha ripreso su larga scala l'acquisto di titoli di Stato, svincolandosi dalle pressioni della Bundesbank. Il Fiscal Compact è stato sospeso. I cosiddetti “aiuti di Stato” a imprese e banche sono stati relati­vamente liberalizzati. Formalmente tutto avviene dentro la cornice dei vecchi Trattati e delle loro clausole d'ec­cezione. Ma la realtà è che il quadro dell'Unione Europea è scosso nelle sue fondamenta.
Le nuove politiche finanziarie sono la prima risultante di questa scossa. Ai 750 miliardi di acquisti della BCE si accompa­gna la costituzione di nuovi fondi conti­nentali: il fondo SURE, concentrato sugli ammortizzatori sociali, il fondo costituito dalla Banca Europea per gli Investimenti, concentrato sulle infra­strutture, e il Recovery Fund, promosso direttamente dalla Commissione Europea. Si tratta in forme diverse di eurobonds. Cioè di emissione di titoli di debito europei.
Gli annunciati 1000 miliardi dei Recovery Bonds sono al riguardo emblematici. I liberal borghesi li presentano nei diversi Stati come prova della ritrovata solida­rietà europea. In realtà sono una gigan­tesca operazione a debito. In pratica la Commissione Europea, in cui siedono tutti gli Stati imperialisti, emette propri titoli e punta a collocarli sul mercato. Cioè chiede soldi a prestito presso gli acquirenti dei bond, generalmente grandi banche, compagnie di assicu­razioni, fondi di vario genere, impe­gnandosi a ripagare il debito con gli interessi. L'emissione è coperta col bilancio economico della UE, oggi l'1% del PIL europeo, che verrebbe allo scopo incrementato. I soldi presi a prestito dal capitale finanziario verreb­bero poi girati ai diversi Stati nazio­nali. Una parte a fondo perduto, un'al­tra parte a prestito, con nuovo debito pubblico dello Stato nazionale benefi­ciario. Gli Stati nazionali a loro volta li gireranno a banche e imprese di casa propria. Le classi lavoratrici del conti­nente saranno chiamate a pagare l'in­tera partita di giro. Pagheranno di tasca loro, sia per allargare il bilancio euro­peo con cui coprire il debito continen­tale, sia per finanziare l'accresciuto debito pubblico nazionale. Ogni inde­bitamento pubblico verso il capitale finanziario alla fine lo pagano i sala­riati. L'unica vera solidarietà europea è quella tra i capitalisti a spese degli operai. La subordinazione di Sinistra Italiana e della burocrazia sindacale agli eurobonds è solo la copertura di questa realtà.

Il MES e l'inganno dei sovranismi

Non diverso è il Meccanismo di Stabilità Europeo (MES).
Si tratta del prolungamento del vecchio “Salva Stati”, varato a suo tempo col voto favorevole di chi denuncia oggi il MES come svendita della Nazione alla Germania. In realtà la svendita “ai tede­schi” non c'entra nulla. C'entra molto la truffa per i lavoratori europei, italiani e tedeschi.
Il MES è un fondo intergovernativo gestito dai diversi Stati nazionali, in proporzione al capitale investito. L’Italia è il terzo contributore del MES in Europa, dopo Germania e Francia, con decine di miliardi versati, soldi pagati dai lavoratori italiani. Le decisioni sono prese con maggioranza qualificata. Il peso dell'Italia è determinante. Se dunque si trattasse di una “questione nazionale”, i sovranisti dovrebbero sentirsi garantiti. Il MES è in realtà una cassa comune degli imperialismi euro­pei. Se l'Italia ricorre al MES attinge al fondo comune per cui già ha smunto i propri salariati. Facendo debito, cioè comprando i titoli emessi dal MES, l'Italia si impegna a ripagarlo presso la cassa comune, a spese nuovamente dei propri salariati.
Perché il coro unanime dei capitalisti italiani a favore del MES? Innanzitutto, perché sono soldi immediatamente disponibili (36 miliardi). In secondo luogo, perché il ricorso al MES attiva una copertura garantita durevole della BCE sui titoli di Stato italiani tenendo bassi i tassi di interesse. Ma c'è una terza ragione, ancor più concreta: il ricorso al MES serve a finanziare il taglio dell'IRAP, la tassa che finanzia la sanità pubblica.
L'IRAP è la tassa pagata dai padroni che versa alla sanità 12 miliardi l'anno. Il governo l'ha già tagliata per 4 miliardi col decreto del 13 maggio, alla faccia dell'emergenza sanitaria. Confindustria chiede il suo azzera­mento totale. Come coprire una cifra così imponente? Ricorrendo al MES. Per dare al fondo una parvenza di fina­lità sociale gli accordi prevedono che i prestiti presi dal MES siano destinati alle spese sanitarie “dirette e indirette”. Dunque, una parte della spesa sanita­ria verrebbe pagata facendo debito che sarà poi accollato ai lavoratori, e i padroni potranno intascarsi l'abbat­timento dell'IRAP, come già in larga misura quello dell’IRES. Notare oltre­tutto il termine spese sanitarie “indi­rette”. Significa che una parte degli stessi prestiti MES verranno impiegati per finanziare i costi aziendali della pandemia (dispositivi, sanificazioni, riorganizzazioni produttive) liberando ulteriori risorse per i profitti. Insomma, i padroni intascano da ogni lato. E non i padroni tedeschi e francesi, ma gli italianissimi padroni di casa nostra. Altro che “svendita alla Germania”, come dice Rizzo alla coda di Salvini (e a copertura della borghesia italiana).
C’è di più. Il MES è un grande fondo creditizio. L'Italia non è solo un paese debitore, ma anche un imperialismo creditore, che come tale ha partecipato, ad esempio attraverso il Fondo Salva Stati, allo strozzinaggio della Grecia, al fianco dell'imperialismo tedesco e francese.
L'Italia ha in pancia il debito estero di numerosi paesi dei Balcani (Romania, Bulgaria, Montenegro, Albania) come di Stati nord africani, e usa questa leva di pressione per imporre loro le proprie condizioni: privatizzazioni, agevolazioni fiscali sugli investimenti italiani, conces­sione semi gratuita di terreni, tagli alle spese sociali a garanzia del debito. In quanto cassa comune degli imperia­lismi europei, il MES è anche innanzi­tutto la cassa comune dei paesi credi­tori, Italia inclusa.
Altro che “povera Italia”! I capitali­sti italiani stanno tra gli strozzini, al fianco dei capitalisti tedeschi, francesi, spagnoli, contro i propri lavoratori. I lavoratori italiani, francesi, tedeschi, spagnoli, stanno dall'altra parte della barricata. Assieme ai popoli oppressi, rapinati dai propri capitalisti.
Quanto al debito italiano, a differenza di quello greco, non è detenuto da banche tedesche o francesi, ma in prevalenza dalle banche tricolori. Il debito pagato dai lavoratori italiani (60 miliardi annui di soli interessi) lo intasca il “nostro” capitale finanziario.

Classe, internazionalismo, rivoluzione

Qui sta l'inganno delle posture sovrani­ste ed euro liberali. Entrambe nascon­dono ai salariati chi è il loro nemico prin­cipale: i padroni di casa nostra.
Per questo la nostra battaglia per una patrimoniale straordinaria e per la cancellazione del debito pubblico verso il capitale finanziario ha una valenza non solo economica ma politica. Coniuga l’indipendenza del movimento operaio contro i poli borghesi (liberali e reazio­nari), l'alleanza tra i lavoratori di tutto il continente, le ragioni dei popoli rapi­nati dall'imperialismo, anche dal nostro.
È la riprova che solo un programma di rivoluzione può sostenere una posi­zione internazionalista, contro ogni forma di sciovinismo.



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